Giurisprudenza Sovraindebitamento

Cassazione civile, sez. 1, 28.10.2019, n. 27544

Nell’ambito della prassi applicativa della normativa sul sovraindebitamento, spesso ci si scontra con interpretazioni molti differenti tra giudicante e giudicante: tra gli aspetti più dibattuti sicuramente troviamo la durata massima delle procedure ed il limite di ammissibilità dovuto alla supposta necessità di pagare i creditori privilegiati entro 12 mesi dell’avvio della procedura.

In particolare, nei fori dove questi due paletti sono stati interpretati in maniera più restrittiva, ovvero in maniera maggiormente sfavorevole al debitore sovraindebitato, tali interpretazioni hanno costituito sostanziali barriere alla reale applicazione della legge 3 2012: infatti porre il limite massimo delle procedure di piano del consumatore e di accordo a quattro anni come hanno fatto alcune sentenze di merito (vedi Asti o Rovigo) ovvero imporre il pagamento dei creditori privilegiati entro i 12 mesi ha di fatto reso non praticabile avviare procedure di sovraindebitamento, per molti soggetti sovraindebitati.

D’altra parte, invece, molti Tribunali (a dire il vero, la maggioranza) ammettevano già procedure con durate ultra quinquennali, e con la dilazione del pagamento dei creditori privilegiati oltre l’anno.

Sui punti sopra citati interviene finalmente la Suprema Corte con un chiaro e ben argomentato dispositivo che chiarisce che:

  • Il limite del pagamento dei privilegiati entro l’anno (art 8 legge 3 2012) non è prescrittivo, ma va inteso “Corte per cui, negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nei piani del consumatore, è possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno dall’omologazione previsto dalla L. n. 3 del 2012, art. 8, comma 4, ed al di là delle fattispecie di continuità aziendale, purché si attribuisca ai titolari di tali crediti il diritto di voto a fronte della perdita economica conseguente al ritardo con cui vengono corrisposte le somme ad essi spettanti o, con riferimento ai piani del consumatore, purché sia data ad essi la possibilità di esprimersi in merito alla proposta del debitore (cfr. Cass. sent. n. 17834 del 2019)”
  • Inoltre in merito alla durata dei piani la Corte si è espressa in questo modo “ può aprioristicamente escludersi che gli interessi del creditore risultino meglio tutelati con un piano del consumatore, che pur preveda una dilazione di significativa durata (anche superiore ai 5-7 anni), piuttosto che per mezzo della vendita forzata dei beni del patrimonio del debitore.” e Se, pertanto, la ratio dell’applicazione del limite implicito di durata massima è quella di tutelare il creditore, nei casi appena visti non si vede perché non possa derogarsi a tale limite, concedendo l’omologa al piano, anche se di durata ultraquinquennale.”

Molto interessante e condivisibile inoltre il richiamo della Suprema Corte sulle finalità “sociali” della normativa sul sovraindebitamento, che deve portare a evitare “interpretazioni restrittive”  così espressa:

“  L’adozione di un’interpretazione eccessivamente restrittiva dell’ammissione alle procedure in esame, ed in particolare al piano del consumatore, che consideri come elemento dirimente per negare l’omologa la durata ultraquinquennale dello stesso, rischia, dunque, di minare l’effettività dello strumento e mal si concilia con il processo in atto a livello Europeo di cambiamento della cultura giuridica a favore

della logica del salvataggio e della seconda chance. Né va dimenticato, poi, che la L. n. 3 del 2012 è stata introdotta non soltanto su spinta delle istituzioni Europee, ma anche al fine di arginare un fenomeno particolarmente risentito all’interno del nostro Paese, ossia il ricorso al mercato dell’usura da parte di imprenditori o consumatori sovraindebitati (cfr. relazione illustrativa alla L. n. 3 del 2012, in cui si annovera, tra le finalità della legge, quella “di evitare inutili collassi economici con la frequente impossibilità di soddisfacimento dei creditori ma, soprattutto, con il ricorso al mercato dell’usura e, quindi, al crimine organizzato”).


Cassazione civile, sez. 1, 28.10.2019, n. 27544

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